Sei arrivato al termine della tua lunga ricerca, è tempo di fermarsi.
Ci sono paesi che ti prendono tra le loro braccia di pietra e sassi, e ti danno il proprio calore accumulato in anni ed anni di sole, di venti morbidi, di carezze lievi fatte da mani ruvide e gentili, di aliti di contadini affaticati ed ansanti per la fatica del giorno.
Le stradine acciottolate, vecchie di secoli, consunte dall’uso, lisce come sassi di fiume, ti invitano a percorrere sentieri stretti, tra le case sporte come a guardare sotto di loro, che portano a luoghi dimenticati, a piazzette che si aprono improvvisamente come scenografie di un teatro.
Le volte oscure dei passaggi sono buchi neri aperti sulle facciate di alti palazzi che, illuminati dalla luce del tramonto, guardano le valli lontane, nebbiose e indistinte, con occhi malinconici, persi nei pensieri.
Cippi e targhe in bianca pietra e statue e fontane si offrono a chi vaga tra vie e piazze silenziose. Ricordano anni e tempi incomprensibili eppure così simili ai nostri perché tra noi e le genti che hanno una volta lì vissuto ed amato e lavorato non ci sono poi tante differenze, dopo tutto. Noi siamo loro e loro sono noi.
Ci sono paesi ove le chiese guardano le entrate e le uscite
Ci sono paesi ove le chiese guardano le entrate e le uscite, ricordando a tutti che siamo piccoli, deboli, indifesi nonostante la spocchia e l’arroganza che gettiamo a piene mani intorno a noi, in ogni momento. Come inespressivi guardiani, talvolta basse e solide, talaltra mostrando guglie affilate e grandi specchi di vetro colorato, paiono grosse navi di granito, galleggianti su acque marmoree, che sembrano stare lì da sempre per dare rifugio ed accoglienza ad una umanità che cerca un appiglio, per salvarsi dall’annegamento.
Ci sono paesi in cui girando una curva, sentiamo un respiro diverso ed uno scorcio si apre d’un tratto davanti a noi, campi, colline, minuscole stradine polverose si offrono allo sguardo tra antichi edifici in bilico su strapiombi dal fondo dei quali il tumulto dei torrenti risale le pareti ricoperte di felci e muschi fino alle terrazze, sospese quasi per miracolo su quegli abissi.
E poi le genti, le ricamatrici, i cestai, i ramai e i vasai
E poi le genti…i paesi ce le mostrano. Si aggirano nei carugi, per i viottoli che menano agli orti ed ai frutteti, sotto gli archi che nascondono vecchi lavatoi di paese ove le donne si arrossavano le mani callose strofinando liscivia e cenere su lenzuola e federe e camiciotti di panno, parlando di tutto e ridendo di niente. Oppure vanno lungo le salite arrancando su grossi scarponi, zappe e rastrelli gettati sulle spalle ossute, gli occhi azzurri e profondi che a guardarli ti portano indietro e ti raccontano di altre fatiche, altri sudori, di gialle albe e rossi tramonti vissuti con rassegnazione e coraggio, giorno dopo giorno.
E poi le ricamatrici, quelle con visi segnati da rughe profonde e quelle giovani che prendono esempio, che sedute sui gradini dei portoni fanno volare i ferretti con abili mani, creando tessuti e merletti che sbocciano, come per magia.
Ed i cestai che intrecciano giunchi e steli e paglie in eleganti spirali che vanno a chiudersi in alto con un’ ultima sapiente torsione di mani indurite dal lavoro.
Ed ancora i ramai che nelle botteghe battono il metallo come novelli Vulcano, il loro cuore che accompagna il ritmo del martello, ed i vasai che lavorano l’argilla facendola crescere dalla ruota come una pianta germoglia dal suo seme, e gettandola nel sole della fornace regalano splendore e luce e vita a quella materia amorfa e grigiastra.
Ci sono paesi che hanno questo ed altro ancora, non si può narrare tutto perché c’è troppo da raccontare anche in un paese da niente, abbandonato su un colle, perso nel cielo, confuso tra le rocce e gli alberi ed i campi di cui ha assunto il colore…
Ma questi paesi ti prendono, ti ammaliano, ti fanno star bene, tu che vieni da città bianche come cera e fumose come camini mal funzionanti, dove sei invisibile agli altri e gli altri ti sono invisibili, dove il sole non sorge e non tramonta e la luna sembra un oggetto inutile perché lo sguardo basso delle persone scava tracce profonde nell’asfalto delle strade e non vede le stelle.
Ci sono paesi in cui vivi, respiri, sogni, immagini, aspetti i prossimi istanti che saranno più belli dei precedenti e meno di quelli che seguiranno, e tu li attendi come i bambini attendono i regali che arriveranno in un giorno di festa, uno più bello dell’altro.
Lì puoi ascoltare una canzone che risuona dolcemente nei vicoli e nelle cantonate, lì puoi gustare il sapore delle pietre, dei campi, delle genti, lì puoi percepire lo spirito del luogo che accompagna e protegge i pellegrini giunti in questi santuari in cerca di una risposta, alla fine di un percorso iniziato ieri ma che li vede in viaggio da sempre.
Ci sono paesi che ti fanno capire che sei arrivato al termine della tua lunga ricerca e che è tempo di fermarsi.
di Nando Lo Calzo (provincia di Imperia)