Sapori dei borghi, profumi e atmosfere che spesso inevitabilmente e con soddisfazione ritroviamo dal nord al sud in questa Italia conosciuta nel mondo anche proprio per la sua qualità e creatività gastronomica, enologica e agroalimentare.

Marcel Proust con il profumo e il sapore di una madeleine, viene travolto dai ricordi della sua infanzia e alimenta il suo “Alla ricerca del tempo perduto”.

Massimo Montanari, Professore di Storia Medievale all’Università di Bologna afferma che “il cibo e la cucina sono delle grandi metafore dell’esistenza, quindi si prestano particolarmente bene a essere incluse in una narrazione dell’esistenza, a rappresentarla in qualche modo”.

Quanti libri e film fanno del cibo e dell’arte del cucinare motivo dominante, trama fiabesca, avvolgente, coinvolgente, argomento di interesse e a volte di seduzione. Pranzi e cene, colazioni sull’erba (anche nell’arte pittorica), rappresentano scene di film indimenticabili.

Non solo ristoranti e chef pentastellati. Anche trattorie e osterie di campagna, piccoli ristoranti difficilissimi da trovare soprattutto con il navigatore, dove i protagonisti (nei film e nella vita vera) finalmente possono abbandonarsi a gustare piatti genuini e sinceri, con ingredienti locali, che fanno ritrovare una dimensione di tranquilla e meditabonda autenticità.

La miscela borghi e sapori è formidabile perché non serve costruirla, c’è già. Una raffigurazione forte e visibilmente persistente la troviamo nelle tavole imbandite delle occasioni speciali.

Magicamente (dopo ore di dedizione in cucina, in realtà) appaiono piatti spesso in apparenza semplici ma che racchiudono ingredienti introvabili nelle città. Ricette che non prevedono la pesatura degli ingredienti ma tanto occhio, pratica, gusto e passione di ospitare.

Queste materie prime locali, a chilometro zero, raccolte magari la mattina presto come succede spesso anche per i ristoratori dei borghi, coltivate negli orti familiari, senza usare prodotti nocivi, formano parte integrante di un desiderio culturale e gustativo di ancoraggio alla propria terra.

Un’ancora affettiva che non è solo identitaria e di attaccamento ai luoghi, ma è fatta anche dalla consapevolezza del beneficio di mangiare quei cibi e non altri, standardizzati e senza personalità.

Nei sapori dei borghi è proprio la personalità a spiccare, fin quasi ad essere esagerata, ma solo per un attimo. Fintanto che palato ed enzimi non si rieducano a introdurre sapori e saperi che non possiamo e non vogliamo abbandonare.